Marco Perazzolli, la pittura dell'esistenza

Una mostra diffusa dedicata ad un maestro dell'arte astratta trentina

Perazzolli
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Arte e cultura. Un binomio che ha accompagnato nel tempo l’attività sociale della Cassa Rurale Val di Non, organizzatrice, in passato, di numerose esposizioni d’arte di valenza provinciale e nazionale. Quest’anno, l’Istituto di credito cooperativo guidato dal Presidente Silvio Mucchi e dal Direttore Generale Massimo Pinamonti, ha pensato di offrire a Soci e Clienti una mostra d’arte diffusa: non solo, quindi, opere d’arte esposte nel salone centrale della sede di Cles (Centro Direzionale di Via Marconi), ma anche valorizzazione delle Filiali, in particolare quelle di Taio e di Denno, per poter condividere con tutti arte ed emozioni. Una formula, questa, che permetterà, nel futuro, di coinvolgere altre Filiali nei diversi paesi della nostra Valle.
Inaugurazione prevista per venerdì 20 dicembre ad ore 18.00 al Centro Direzionale di Cles, dove sarà distribuito ai presenti il catalogo della mostra, a cui ha partecipato, in qualità di compartecipazione organizzativa il Fondo Comune delle Casse Rurali Trentine. L’esposizione si potrà visitare nei giorni lavorativi dalle ore 8.00 alle ore 13.00 e nel pomeriggio dalle ore 14.30 alle ore 16.00, fino al 28 febbraio (nei giorni prefestivi ore 8.00-11.00).
La mostra è dedicata alla riscoperta di Marco Perazzolli, professore ed artista prematuramente scomparso a Cles nell’anno 1988. Perazzolli nasce nel 1934 a Bosentino. L’amore per la natura e per la sua rappresentazione lo indirizza verso lo studio artistico che compie a Venezia, città del colorismo, dove frequenta il liceo artistico e l’Accademia di Belle Arti. L’anno successivo inizia l’attività di docente, prima a Taio e a Malè e infine alle scuole medie di Cles, borgata nella quale trasferisce la propria residenza e alla quale rimarrà legato per tutta la vita.
Nel 1962 inizia a dipingere i primi quadri prediligendo il tema della figura umana; di fatto la propria ricerca è da subito indirizzata verso l’umano, verso un’analisi dell’intimo, di ciò che è interiore ed esistenziale.
La continua sperimentazione, il desiderio di conoscenza ed una propria visione disposta all’innovazione del linguaggio ed al rinnovamento dei propri medium artistici, lo convince a recarsi nel 1966 a Salisburgo, città ove si perfeziona frequentando la Schüle des Sehens del grande artista austriaco Oscar Kokoschka. Qui dipinge persone e vedute ‘accademiche’ della città, ma anche una interessante serie di nudi, dove la propria volontà di sperimentazione e ricerca è palese nell’uso di una tecnica mista, dove il collage è associato all’utilizzo di pigmenti acrilici impastati con sabbie. Già da questi lavori risulta chiaro come sia fondante la materia, come l’opera debba avere profondità non solo da un punto di vista significante ma anche nella sua fisicità: il quadro a volte pare un bassorilievo, va verso la scultura, il colore viene intriso di gesso.
È sempre durante la permanenza a Salisburgo che Perazzolli si apre ad un percorso volto all’astrazione, ad una ricerca sempre più intima e lirica. Nella città infatti conosce Emilio Vedova e viene colpito dalla forza espressiva dell’arte informale e gestuale del maestro veneto.
Tornato a Cles Perazzolli rivolge ormai completamente il proprio sguardo all’astrattismo. I suoi primi esperimenti sono l’elaborazione in chiave personale delle rappresentazioni delle farfalle e delle loro ali: il senso di leggerezza ed eleganza si fondono con la sensazione di precarietà ed effimero. Il colore dominante diviene il bianco, utilizzato come fondo dal quale emergono particolari dai colori spesso tenui, quasi delle ombre. La materia è sempre pastosa e spessa, mentre la superficie viene incisa con rapidi colpi di bulino: l’arte di questo periodo, nonostante sia ancora parzialmente legata alla figurazione, è estremamente gestuale e violenta; le opere vengono create da Perazzolli con rapidità, quasi in un rito liberatorio.
Il 1969 è l’anno dell’uomo sulla Luna; l’epopea nello spazio, l’apertura verso l’ignoto, l’uomo che pare andare verso un’altra dimensione, rappresentano nuovi spunti per l’artista che apre ad un breve ciclo di opere intitolate “Da Icaro alla Luna”.
Tra il 1970 ed il 1975 Perazzolli prosegue nella sperimentazione espressiva e nella ricerca di nuove tematiche, mettendo sempre in primo piano la traduzione di propri stati d’animo, in una ricerca sempre più intimista. E’ questo il periodo nel quale alterna lavori sfocianti nell’informale a vedute figurative di città. Del primo caso fanno parte opere come “Il vuoto” (1974) e “Il cratere si è spento, tutto tace” (1972), quest’ultimo uno dei capolavori dell’artista. In questa serie il colore scompare quasi del tutto. I quadri sono pressoché monocromi, caratterizzati da colate di spruzzi neri forse ispirati dal buio lasciato dalla scomparsa del padre. Nella serie delle città, opere come  “Proiezione di un caseggiato” (1972) e “Visione corografica di notte” (1974), mantengono parzialmente un legame con il reale, con il paesaggio delle città in assordante crescita, fatto di condomini e case accatastate che opprimono l’umano e divengono barriera per i rapporti interpersonali e sociali. I profili di città sono segni rapidi, incisi all’interno della materia spessa e oscura; piccole finestre colorate sono pretesti per dare tono all’insieme e creare punti focali.
Nella seconda metà degli anni Settanta e fino agli ultimi lavori del 1982, mentre si succedono rilevanti mostre personali e collettive in Italia e all’estero, Perazzolli decide di guardare solo dentro se stesso. Abbandona il tema delle città concentrando la rappresentazione del proprio intimo tramite espressioni sempre misuratamente in bilico tra astratto e informale, dove la personale lettura dell’esistenza si traduce in forme geometriche lacerate e come sospese all’interno di universi surreali, fondati sui contrasti tra bianco e nero, tra bene e male, tra razionale ed irrazionale, tra lucidità e disperazione. Le tele divengono rappresentazioni cosmiche e quasi sacrali del proprio microcosmo, come si può osservare in “Meriggio” (1980) e “Spazio vivace” (1982). Cerchi di colore bianco, come pianeti lontani immersi in uno spazio buio e profondo, sono tagliati da linee e da frammenti, a volte colorati di ocra rossa o di blu scuro, sovente macchie e colature che paiono ferite del proprio animo (“Traccia n°1”, 1979). Agli inizi degli anni Ottanta, nell’acme del proprio percorso, l’arte di Perazzolli risente dell’incontro con Umberto Mastroianni e della frequentazione del grande maestro negli spazi di casa Dusini e della Galleria d’Arte Fedrizzi a Cles. Mastroianni, non avvezzo ai complimenti, appoggia l’opera di Perazzolli e ne evidenzia la rilevanza all’interno del contesto artistico contemporaneo trentino.
La malattia interrompe quasi all’improvviso la produzione e la creatività di Perazzolli. “Angolo acuto” (1982) e “Groviglio” (1983), quest’ultima la più recente tra le opere esposte, rappresentano la fine di un percorso tramite un singolare e ultimo riavvicinamento al colore.
Marco Perazzolli muore a Cles nel 1988. A poco più di trent’anni dalla scomparsa, la Cassa Rurale Val di Non dedica una grande mostra antologica che ricorda un poeta silenzioso e intimista, protagonista dell’arte trentina e della nostra comunità.